dal “senso critico” al “sensum fidei”
In questo nostro tempo, così carico di razionalismo e relativismo, capita di ascoltare riflessioni sulla figura di San Giuseppe, che è uno dei grandi protagonisti dell’Avvento, poco adatte a preparare lo spirito alla contemplazione. Codeste riflessioni invece di sollevare l’animo lo abbattono.
Vorrei perciò soffermarmi un po’ anch’io sulla figura di Giuseppe, per ritrovare il filo dei miei pensieri su questo Santo patriarca di cui è così difficile parlare , per non lasciarmi travolgere da quel “senso critico” che oggi contrasta così tanto con il “sensum fidei” del popolo di Dio, e che ancora esiste!. Di Giuseppe si conosce pochissimo, pochi dati identificativi che più che per lui servono per il suo figlio adottivo; e neppure una parola. Nel Vangelo, Giuseppe è l’uomo del silenzio. Per questo mettergli in bocca, parole troppo umane, là dove gli evangelisti hanno preferito tacere totalmente, forse non è del tutto giusto. Così voglio andare in cerca, nella mia spiritualità, per rintracciare qualcosa di bello su Giuseppe, cercare un qualcosa che me lo faccia apprezzare ed amare.
Giuseppe fu colui che, per missione ricevuta, si prese cura di Gesù e di Maria. Egli fu a sua volta un prescelto insieme a Maria. “Che bella la figura di questo giovane che è stato scelto, in modo tanto insolito, per essere il padre del Figlio di Dio! Padre che non ha generato, ma che ha preso in carico e ha fatto crescere, e così ha adempiuto la sua missione” [1] Egli è un uomo come noi, non possiede i privilegi di Maria, ma a Lui furono affidate le primizie della Chiesa: Gesù e Maria. La scrittura (sempre così avara di notizie che rispondano alla nostra curiosità, per un avvenimento poi molto particolare come il suo), lo definisce semplicemente “uomo giusto” per indicare che tipo era. E oltre ad essere giusto credo sia doveroso aggiungere che era anche santo. Così come Maria era l’Immacolata. Tuttavia né l’uno né l’altra erano a conoscenza dei loro doni di grazia, e vissero da esseri umani in mezzo alle situazioni del mondo, per niente facile da abitare soprattutto al loro tempo. Possiamo aiutarci a riflettere pensando che i santi non sono tali dopo la loro morte, ma sono tali durante la loro vita, le loro virtù vengono semplicemente riconosciute dalla Chiesa. La Chiesa non crea i santi li riconosce semplicemente come tali. Dunque Giuseppe e Maria oltre ad essere umani, erano santi. Vissero il corso delle loro vite da umani santi. Affrontarono situazioni uniche, nelle quali solo la fede poteva essere loro di consiglio. “ Se Giuseppe fosse stato meno santo Dio non gli avrebbe concesso la sua luce” [2]. Anche Giuseppe, come Maria sua sposa, fu l’uomo della fede, nella linea dei grandi patriarchi dell’A.T. e può essere anche considerato l’ispiratore di tutte quelle persone che decidono di mettere l’insegnamento di Gesù come ragione della propria vita, capaci di assumere con totalità la missione loro affidata da Dio, nonostante le difficoltà, nonostante le sofferenze. Questo il rispetto e la riflessione che, come popolo di Dio, ameremmo ritrovare nei tanti discorsi che vengono fatti su questo personaggio dell’Avvento e della Sacra Famiglia. Invece, purtroppo, in questi nostri giorni è molto facile imbattersi in “fantasie” che poco hanno a che vedere con la grande spiritualità cristiana e con il grande respiro che la fede porta negli avvenimenti. Così sentimenti spesso “sub-umani” vengono attribuiti a Giuseppe, spesso attingendo dalle nostre vite, così piene di peccato, dove una vera scelta per la “FEDE” forse non è mai stata fatta o mai mantenuta veramente con coerenza e fedeltà, continuate. Proprio la nostra epoca è stata definita dai vari “esperti di settore” come l’epoca in cui l’uomo sta morendo per il rifiuto di scegliere.[3] E soprattutto non si sa scegliere la fede. Invece Giuseppe è stato un ragazzo che ha saputo scegliere, e così Maria, hanno saputo scegliere di credere in Gesù. Sono stati la prima Chiesa nascente. La prima comunità cristiana. Hanno scelto la fede, e lo hanno fatto subito, senza neppure tante spiegazioni, senza razionalismi esasperati, nella semplicità di chi si fida e si affida a Dio, mettendosi a disposizione con la propria azione umana: nel corpo, nella psiche, nello spirito.
E’ vero che di loro il Vangelo non parla gran che. I Vangeli non indulgono alla curiosità. Ma dicono quanto basta per mostrare la grande statura di questi due personaggi e di come la grazia li lavorava. Veramente nel guardarli, dovremmo essere capaci di attingere più alla grazia che alla sessualità umana. Come sono scomposti certi testi, tratti dalla fantasia umana! Sicuramente il dramma è stato grandissimo per Giuseppe, ma Egli era anche un uomo che sapeva affidarsi a Dio, (e noi lo siamo?), e in questo evento così unico ha indugiato a riflettere alcuni giorni, ma la situazione era paradossale.
Sappiamo che ad un certo punto anche Giuseppe fu raggiunto da un segno. Il sogno, fu il segno per Giuseppe , e talvolta, anche così si manifesta la volontà di Dio. Esso fu la sua annunciazione. Lui vi credette, e ciò gli fu accreditato come giustizia, direbbe san Paolo, come per Abramo. I pensieri che lo attanagliarono dal momento che prese conoscenza dello stato di Maria, a quello della sua decisione di accogliere anche lui il Figlio di Dio, sono stati certamente sconvolgenti. Questi pensieri si riflettono, in parte, nelle parole dell’Angelo che gli appare in sogno. Sembra dunque che il Vangelo più che la parola, ci riporti il pensiero di Giuseppe, di un uomo che si sofferma a pensare e a ponderare quello che gli è successo, ma sulle sue ipotesi e riflessioni l’amore è sembrato prevalere, e alla fine questo amore avvolge tutte le sue riflessioni e decisioni e lo rende capace di offrire il suo atto di fede. “si servirò”.!… e prese Maria nella sua casa e il Figlio di lei….Ma anche al sogno bisognava credere però! Comprese che il progetto di Dio, una volta riconosciuto e accolto come tale, era più grande della sua sessualità e del suo onore, che , fra l’altro, Gesù non veniva a togliere ma ad esaltare, e su quelle doveva avere la precedenza.
Una luce sugli avvenimenti dell’incontro tra Maria e Giuseppe, ci viene un po’ anche dagli scritti di M. Valtorta nelle rivelazioni private che ricevette, in esse si parla del voto di verginità fatto da Maria e che lei rivela a Giuseppe il quale risponde: “Io unirò il mio sacrificio al tuo”. Ascoltiamo un loro dialogo, preso dallo scritto appena menzionato:
“Maria prende il ramo. E’ commossa e guarda Giuseppe con un viso sempre più sicuro e radioso. Si sente sicura di lui. Quando poi egli dice: “Sono nazareo”, il suo volto si fa tutto luminoso ed Ella si fa coraggio: “io pure sono tutta di Dio, Giuseppe. Non so se il Sommo Sacerdote te l’ha detto…” – “Mi ha detto solo che tu sei buona e pura e che hai da dirmi un tuo voto, e d’esser buono con te. Parla, Maria. Il tuo Giuseppe vuole farti felice in ogni tuo desiderio. Non t’amo con la carne. Ti amo con lo spirito mio, santa fanciulla che Dio mi dona!….” E Maria prosegue: “Fin dall’infanzia mi sono consacrata al Signore. So che questo non si fa in Israele. Ma io sentivo una voce chiedermi la mia verginità in sacrificio d’amore per l’avvento del Messia. Da tanto l’attende Israele!… non è troppo rinunciare per questo alla gioia d’esser madre!” Giuseppe la guarda fissamente…. E poi le dice: “Ed io unirò il mio sacrificio al tuo e ameremo tanto con la nostra castità l’Eterno, che Egli darà più presto alla terra il Salvatore, permettendoci di vedere la sua Luce splendere nel mondo….”
E se vogliamo poi, anche noi, indugiare ancora un po’ sul volto umano delle riflessioni di Giuseppe, possiamo dire che chi veramente ama, non espone nessuno al pubblico ludibrio. Non si espone l’oggetto amato all’insulto altrui, anche se l’altro ci ha fatto soffrire, il farlo in questo caso forse rassomiglierebbe a una vendetta….!
Il peccato, o lo sbaglio altrui, va coperto non pubblicato. Ciascuno di noi: chi è per additare un altro come peccatore ed esporlo al linciaggio….in fin dei conti, proprio quello che diverrà figlio adottivo di Giuseppe confermerà questo, quando dirà: “chi è senza peccato scagli la prima pietra”….
Diceva un vescovo dei nostri giorni,[4] troppo presto partito per il Regno dei cieli, riferendosi ai dissidi spesso nei conventi tra consorelle, del dovere di “parare le tazzine”, nel senso che se una consorella ti tira contro, una tazza, tu prendila al volo , non farla rompere e non raccontare in giro l’accaduto. Se siamo capaci noi, che siamo cattivi, come ci ricordava Gesù, di avere queste attenzioni, perché non potè averle un Santo Uomo come il Giusto Giuseppe?
Certo l’umanità di oggi avrebbe bisogno di qualche notizia in più, ma dovremmo prendere in considerazione l’ipotesi che forse questa non c’è, perché le cose forse furono più semplici e profonde di come le immaginiamo noi oggi con la nostra sensibilità obnubilata.
“Carità assoluta. Carità che sa perdonare, che vuole perdonare. Perdonare in anticipo, scusando in cuor proprio le manchevolezze del prossimo. Perdonare, al momento, concedendo tutte le attenuanti al colpevole” [5]
“Anche il mio Giuseppe – dice la Beata V. Maria – ha avuto la sua Passione. Ed essa è nata a Gerusalemme quando gli apparve il mio stato. Ed essa è durata dei giorni come per Gesù e per me. Né essa fu meno dolorosa. E unicamente per la santità del Giusto che m’era sposo, fu contenuta in una forma che fu talmente dignitosa e segreta, che è passata nei secoli poco notata. Oh! La nostra prima Passione! Chi può dirne la intima e silenziosa intensità?…Chi può dire con esatta verità il dolore di Giuseppe, i suoi pensieri, il turbamento dei suoi affetti? Come piccola barca presa in gran bufera, egli era in un vortice di opposte idee, in una ridda di riflessioni l’una più mordente e più penosa dell’altra. Era un uomo, in apparenza, tradito dalla sua donna. Vedeva crollare insieme il suo buon nome e la stima del mondo, per lei si sentiva già segnato a dito e compassionato dal paese, vedeva il suo affetto e la sua stima in me cadere davanti all’evidenza di un fatto. La sua santità qui splende ancora più alta della mia. Ed io rendo questa testimonianza con affetto di sposa, perché voglio lo amiate il mio Giuseppe, questo saggio e prudente, questo paziente e buono, che non è separato dal mistero della Redenzione….. fosse stato men santo, avrebbe agito umanamente, denunciandomi come adultera perché fossi lapidata e il figlio del mio peccato perisse con me. Fosse stato men santo, Dio non gli avrebbe concesso la sua luce per guida. Ma Giuseppe era santo. Il suo spirito puro viveva in Dio. La carità era in lui accesa e forte. E per la carità vi salvò il Salvatore tanto quando non mi accusò agli anziani, e così quando lasciando tutto con pronta ubbidienza salvò Gesù in Egitto. Brevi come numero, ma tremendi in intensità i tre giorni della passione di Giuseppe. E della mia, di questa mia prima passione. Perché io comprendevo il suo soffrire, e non potevo sollevarlo in alcun modo per l’ubbidienza al decreto di Dio che mi aveva detto: “Taci!”. E quando giunti a Nazareth lo vidi, andarsene dopo un laconico saluto, curvo e come invecchiato in poco tempo, né venire a me alla sera come sempre usava, vi dico, figli, che il mio cuore pianse di acuto dolore. Chiusa nella mia casa sola, nella casa dove tutto mi ricordava l’Annuncio e l’Incarnazione, e dove tutto mi ricordava Giuseppe a me sposato in una illibata verginità, io ho dovuto resistere allo sconforto, alle insinuazioni di Satana e sperare, sperare, sperare. E pregare, pregare, pregare. E perdonare, perdonare, perdonare al sospetto di Giuseppe, al suo sommovimento di giusto sdegno. Figli: occorre sperare, pregare, perdonare per ottenere che Dio intervenga in nostro favore… sperate oltre misura, pregate senza sfiducia, perdonate per essere perdonati. Il perdono di Dio sarà la pace che desiderate, o figli….”[6]
E Giuseppe quando si riebbe, andò da Maria a chiedere perdono, questa fu proprio la sua prima parola, la sua umiltà gli fece riconoscere e dire: “Ho torto”, mi sono sbagliato a giudicarti e a condannarti prima di averti ascoltata….Ma lui non aveva avuto “ a monte “ la spiegazione di un angelo, lui pensava da uomo , che la donna che aveva tanto rispettato , lo aveva tradito, aveva tradito la sua fiducia.
“Carità assoluta. Carità che sa perdonare, che vuole perdonare. Perdonare in anticipo, scusando in cuor proprio le manchevolezze del prossimo. Perdonare, al momento, concedendo tutte le attenuanti al colpevole”
Questi scritti sono molto più realistici di tanta fantasia moderna sull’argomento, ed inoltre hanno il pregio di avvicinarsi al sensum fidei del popolo di Dio, che così sente, e su questa linea vorrebbe essere istruito e aiutato a riflettere. Occorrerebbe un po’ più di rispetto per la figura di questo Santo, scelto da Dio per realizzare la sua promessa di essere il “Dio con noi”!
San Giuseppe, prega per noi, accompagnaci nel nostro pellegrinaggio della fede, illumina i ministri di Gesù sulla via della saggezza, tu che fosti il primo esempio di realtà sacerdotale.
Ame./ Redattrice del sito – Dicembre 2011